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Il manifesto pacifista di PAC-MAN

Tipologia: filosofia dietro ad un videogioco
Luogho di nascita: Tokyo, Giappone
Personaggio chiave: Toru Iwatani
Anno di uscita: 1980

Il design del labirinto progettato da Toru Iwatani come campo da gioco per PAC-MAN prevede anche delle speciali uscite warp che teletrasportano al capo opposto dello stesso

Dalla rappresentazione bellica delle origini a PAC-MAN

Nei primi videogiochi spesso il gameplay era sempre e solo basato sul concetto di sparare a un nemico. C’erano stati gli alieni di Space Invaders, trasfigurazione dei soldati della fazione avversaria pronti ad invadere il nostro paese. Un concetto Antico come il mondo quello della guerra. Occidente contro Oriente, bianchi contro neri, squadra rossa contro squadra blu. E non stiamo parlando di Pokémon, ma di veri soldati pronti ad uccidersi tra loro il nome di una causa o di un ideale, ancora meno a volte. Dalle origini dei videogiochi, dal remoto tempo in cui tutto è iniziato, con il lancio di un missile su un radar simulato, dai primi esperimenti degli anni cinquanta e sessanta, ed anche nell’appena successivo primo periodo commerciale, per tutti gli anni settanta, videogiocare spesso era sinonimo di sparare a qualcosa o qualcuno. Combattere. Guerra. Sopraffazione.
Nel 1980 finalmente le cose iniziano a cambiare. Arriva PAC-MAN. E mentre nel mondo reale ancora riecheggiano gelidi venti di guerra e paure belliche di nuovi conflitti all’orizzonte, per lo meno in quello digitale si comincia a parlare di pace. Questa chiaramente è una interpretazione della critica videoludica che scorge, da tanti piccoli segnali, mai dichiarati dagli artisti dietro alla creazione del titolo, questa intenzionalità pacifista dell’opera di cui parleremo adesso. Namco, società gli sviluppo giapponese, decide, all’inizio di quello che si rivelerà come il più iconico dei decenni del passato, di lanciare sul mercato un gioco dove il compito principale è quello di correre all’interno di un labirinto ed al contempo ingurgitare pillole, cercando di scappare da alcuni fantasmi che ci stanno inseguendo dappertutto, per non essere mangiati a nostra volta, con la suggestiva ed innovativa possibilità di ribaltare i ruoli ovvero di poter mangiare noi i nostri nemici, diventando cacciatori invece che prede. Potete oggi provare il grande classico grazie alle numerose raccolte a tema storico, come questa “LINK”, o all’interno del nostro museo.

Narrazione leggendaria vs realtà del marketing

I quattro fantasmini nemici, che si chiamano Inky, Pinky Blinky e Clyde, hanno in comune lo stesso sprite ricolorato, ma pattern di movimenti diversi, oltre ad anticipare le loro intenzioni grazie alla direzione dello sguardo degli occhi.

La Romantica leggenda vuole che il gioco sia stato concepito durante una cena luculliana tra i bagordi del cibo, nella vincente formula all you can eat, tra i fumi del saké bollente e l’odore di salsa di soia. Gli occhi creativi di un artista come Toru Iwatani, game designer principale del titolo di cui stiamo parlando, hanno visto in una pizza con uno spicchio tagliato l’immagine di PAC-MAN, realizzando in seguito un vero e proprio gioco basato sul concetto del mangiare senza limiti tutto ciò che ci si pone davanti. Un gameplay folle, visionario, che crea indigestione, letteralmente, ma in cui paradossalmente non si spara più contro qualcuno. Questo è l’importante limite che viene superato rispetto ai concept dei decenni precedenti. Certo, diranno in molti, esistevano già giochi a tema sportivo e non prettamente bellici, ma questi ultimi andavano senza dubbio per la maggiore. La base concettuale di partenza vede alcuni punti in comune poiché nel battlefield, ovvero il  campo da gioco, c’è ancora una contrapposizione tra due fronti ben determinati ovvero fantasmini contro PAC, cattivi contro buoni, ma stavolta il tutto trasfigurato in maniera innovativa.
La realtà del marketing vuole invece che lo sviluppatore Namco puntasse al target femminile delle giovani ragazze giapponesi, che spesso all’interno delle sale giochi non interagivano con i cabinati, ma si limitavano a porgere del cibo dei dolcetti o delle patatine al proprio fidanzato o marito durante una sessione di gioco. Che compito ingrato! E se vi dicessimo che i dolcetti nipponici spesso avevano esattamente i quattro colori che hanno i quattro fantasmini Inky, Blinky, Pinky e Clyde all’interno del labirinto? Quasi una pubblicità subliminale per far realmente venire fame! Proprio pensando alla passione di sua moglie per i dessert giapponesi, dolcissimi e colorati, il geniale game designer Toru Iwatani abbandona l’iniziale idea di un gioco basato sul fare compere in un centro commerciale, che poteva coinvolgere teoricamente il pubblico femminile, e decide di costruire un brillante gameplay proprio intorno al concetto del mangiare. Gli spettri, oltretutto, non hanno un design terrorizzante, brutti e cattivi da titolo horror, ma al contrario hanno una grafica carina con tanto di occhioni dolci e “super deformed” alla giapponese. Letteralmente Kawaii (可愛 い o かわいい) Come si suol dire nel settore.

“Pax mater omnium bonorum – La pace è madre di tutti i beni” (Cicerone)

Il creatore originale di PAC-MAN, il game designer nipponico Toru Iwatani

La grandezza del titolo è proprio basata sul ribaltamento delle parti tra preda e cacciatore. PAC-MAN si basa sul totale affidamento al movimento puro, che non contempla l’uso di alcun tasto per l’azione. Fateci caso, potete giocare tutti e 256 i livelli di PAC-MAN solamente con la croce direzionale, e con la mano libera magari mangiare proprio i dolcetti della sala giochi. Tutto questo, importante notarlo, mentre i cabinati coinvolgono sia l’uomo che la donna che giocano contemporaneamente, senza la subordinazione femminile consueta notata precedentemente dal game designer. Certo, anche un raddoppio del fatturato, diranno i più venali, ma soprattutto il coinvolgimento del target femminile che fino ad allora era praticamente ignorato. Ma più di tutti conta la filosofia di base dell’innovativo e coinvolgente titolo, il cui genere si chiama Maze Game. In pochi ci hanno pensato, ma di fatto PAC-MAN è stato uno dei primi videogame dichiaratamente pacifisti del settore, dove non si spara mai. Tutto questo, soprattutto, in un periodo di “incertezza della pace mondiale” in cui i giochi spesso come abbiamo detto sono a tema bellico a causa non solo delle reminiscenze della Seconda Guerra Mondiale ma anche di una cosa molto più concreta ed attuale, perlomeno all’inizio degli anni ottanta. Stiamo parlando della grande paura della Guerra Fredda tra USA ed URSS, in quel periodo i rapporti ufficialmente sono cordiali, ma segretamente fatti di trame occulte ed ordite per sconfiggere il nemico storico. Rinunciando proprio a quel simbolico tasto rosso che tanto ricorda il tasto di azionamento degli ordigni nucleari, in mano ai grandi capi di stato delle potenze mondiali. Il titolo di Toru Iwatani rinuncia al pulsante FIRE per entrare nella leggenda, promuovendo una vera e propria rivoluzione pacifista.

Autore
Fabio D’Anna

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