Tipologia: Gestionale strategico testuale
Innovazioni: Introduzione di elementi survival e strategia storica
Personaggi chiave: Don Rawitsch, Adam Huminsky e Paul Dillenberger
Anni di uscita: 1971 (versione Mainframe)-1974 Pubblicazione MECC
Provenienza: Carleton College , Minnesota, U.S.A.
The Oregon Trail è un titolo decisamente atipico nel panorama videoludico delle origini, ed ha una importanza fondamentale nella storia dei videogiochi. Nonostante il fatto che sia poco conosciuto dal grande pubblico mondiale, il gioco, fortemente seminale, è rimasto nel cuore e nei ricordi di una intera generazione di studenti statunitensi. Si tratta infatti di un’opera prettamente aderente al particolare genere chiamato EDUTAINMENT, termine che verrà coniato in seguito dagli storici del videogame. Il nome nasce da una crasi tra le parole inglesi Educational ed Entertainment, ed il genere stesso riprende, a grandi linee, il concetto latino di “Ludendo docere”, ovvero di poter insegnare nelle scuole o nelle accademie, tramite l’escamotage del divertimento. Elettronico, nella nostra fattispecie specifica. Andiamo a riscoprirlo insieme.
The Oregon Trail, il videogioco entra nelle aule scolastiche negli anni settanta.
Innanzitutto bisogna contestualizzare il periodo storico. Siamo nel 1971, quindi un’epoca molto acerba per il settore videoludico, con l’industria attuale, e ci riferiamo a quella commerciale tuttora in auge, che sta ancora muovendo i primi passi. Un anno prima dell’avvento di PONG, per capirci, ed in cui ancora gli esperimenti pre-commerciali visti nelle università statunitensi vanno ancora per la maggiore. Siamo in epoche remote, in cui la grafica ancora è primordiale, e spesso si vede poco
più che dei grossi pixel informi sullo schermo, The Oregon Trail sceglie invece una via molto più aderente alle potenzialità delle macchine su cui è destinato a girare. Un’interfaccia completamente testuale (a cui sono state aggiunte delle immagini statiche in versioni successive) ed un setting storico molto adatto all’argomento che si vuole trattare. La sopravvivenza nel vecchio West, tra episodi divertenti ed importanti realtà storiche da imparare, anche come lezioni di vita. Il titolo ha una storia legata a doppio filo alle aule scolastiche, ed è infatti stato creato nei primissimi anni settanta da tre studenti senior (che sono quelli del quarto anno, rispetto agli studenti junior, nell’ordinamento scolastico accademico statunitense), provenienti dal Carleton College del Minnesota, nello specifico, Don Rawitsch, Adam Huminsky e Paul Dillenberger, tre simpatici nerd che probabilmente volevano soltanto rendere le lezioni di storia meno noiose, più moderne e divertenti.
Questi tre eroi visionari hanno creato un’opera molto importante, sia dal punto di vista dello sviluppo videoludico, ma soprattutto nella dimostrazione che l’informatica abbia applicazioni reali ed utili nel mondo dell’insegnamento e della stessa pedagogia. Non male per un “semplice” videogioco educativo, dobbiamo ammetterlo.

The Oregon Trail viene quindi ricordato da letteralmente milioni di studenti americani come il primo approccio, in ambiente scolastico, delle applicazioni videoludiche nella fase di apprendimento.
Dal Minnesota alla frontiera, quando la storia americana incontra il videogame!
Il gioco nasce quindi come un serio esperimento didattico che si prefigge di voler simulare sullo schermo, tramite una interfaccia testuale e parecchio intuitiva, il difficile viaggio che devono intraprendere i pionieri a bordo delle loro carrozze trainate da cavalli, lungo la leggendaria Pista dell’Oregon ( The Oregon Trail), che da il nome all’opera, ovvero una rotta di oltre tremila chilometri che nel Selvaggio West dell’ Ottocento collegava lo stato del Missouri con l’Oregon, una vera e propria “Eldorado”, ovvero un terra promessa per agricoltori, famiglie, missionari e avventurieri che vogliono iniziare una vita nuova e migliore. Agli studenti viene chiesto di vestire i panni di un capo carovana nel 1848 e di prendere decisioni cruciali per la sopravvivenza. Scelte semplici, ma che possono influenzare parecchio la lunga peregrinazione. Quando sia meglio partire, quante scorte alimentari e d’emergenza portare, considerando la capienza delle carrozze, e scegliendo se voler viaggiare leggeri procurandosi il necessario lungo la strada o partire più appesantiti ma sicuri di avere scorte sufficienti in caso di scarse risorse lungo il percorso. Durante il gioco spesso ci si ritrova a farsi domande importanti, Se ad esempio valga la pena tentare di guadare un fiume in piena o sia meglio aspettare che si calmino le acque, letteralmente.

Nel momento poi in cui il cibo finisce, si deve decidere se andare a caccia, compiere scambi commerciali con altri emigranti o sperare nella fortuna. Il tutto con notevoli imprevisti che possono accadere durante il percorso, ovviamente.
Un concetto che poi verrà ripreso dai classici “disaster”
alla Sim City, che distruggono in un attimo tutto il lavoro di costruzione e pianificazione effettuato dall’inizio della simulazione! Ben venti anni prima che il genere stesso dei city builder venga creato da visionari come Will Wright, sia chiaro. Si può morire in qualunque momento per il morso di un serpente, o annegare in un fiume che si cerca di guadare.
La forza dell’immedesimazione come chiave del successo del genere simulativo
Le continue domande esistenziali di sopravvivenza, che un adolescente di oggi non si porrebbe mai, sono quindi il pane quotidiano degli studenti statunitensi, tra gli anni settanta e novanta, nel lungo periodo di permanenza del gioco sui computer scolastici via via più performanti presenti nelle aule. Come far sopravvivere i nostri pionieri (simulati in digitale) tra un compito di matematica ed una partita di basket nel cortile? Il titolo, nel corso degli anni, è stato infatti spesso citato in diversi romanzi ed opere audiovisive, come film e serie TV statunitensi. La lezione didascalica di The Oregon Trail è molto forte, e va ben oltre la semplice narrazione della storia della frontiera e del Vecchio Selvaggio West. Il viaggio dei pionieri è una continua lotteria contro la sfortuna, e la a forza del gioco è proprio nella sua spietata sincerità, ovvero che la frontiera non perdona. Come la lunga marcia della vita, del resto, e qui si sfocia dalla pedagogia alla filosofia vera e propria. Mantenere in vita i cinque membri che compongono la spedizione sulla carovana è una vera impresa ai limiti dell’umano. Mentre il giocatore cerca di far avanzare la carovana, composta da iconici carri Conestoga come quelli che si vedono nei fumetti bonelliani di Zagor, il destino si diverte a lanciare imprevisti, le ruote del carro che si rompono senza preavviso, le razioni di cibo spariscono misteriosamente, forse sottratte nottetempo da ladri umani o animali notturni selvaggi, e si scatenano terrificanti ed implacabili tempeste di neve anche quando il calendario indica chiaramente che ci si trova in Primavera!
Ma soprattutto si verifica, durante la simulazione, un assortimento di malattie degno di un romanzo di medicina dell’Ottocento! Ai nostri poveri pionieri succede di tutto, tra le avversità del destino tipiche del Selvaggio West. E gli studenti, nei panni di giocatori, iniziano ad immedesimarsi con gli eroi della frontiera che hanno costruito mattone per mattone le fondamenta dei gloriosi Stati Uniti.

Una grande lezione storica, sopravvivere ai tempi del Selvaggio West è difficile, ma soprattutto non bisogna mai sottovalutare la dissenteria. Spesso, come nella vita reale dell’epoca, causa di morte prematura.
“You have died of dysentery!”, da videogioco didascalico ad icona pop
In milioni ricordano questa bizzarra frase di GAME OVER di The Oregon Trail. La frase del gioco è diventata infatti un vero tormentone culturale, spesso citato in maniera divertente da chi ha conosciuto il titolo in età scolastica o semplicemente tramite la cultura popolare. Ammettiamolo, quel celebre messaggio, secco come la pianura del Kansas, ha davvero traumatizzato intere generazioni. Un tuffo incredibilmente coinvolgente nel vero Old Wild West, in cui la polvere del deserto si riesce a percepire, nonostante sia fatta in realtà da semplici pixel, anzi, nel nostro caso specifico, da narrazione e parole. Non dimentichiamo che, in fondo, siamo di fronte ad un titolo strategico simulativo testuale, che, come le Avventure Testuali INFOCOM, l’indimenticabile ZORK in testa, basa tutto il suo fascino nella narrativa interattiva. Dietro l’umorismo involontario (ma neanche troppo) del gioco si nasconde però un contesto storico molto serio. La storia americana del resto ci racconta come, in quel periodo di frontiera, che si concentra nel preciso ventennale tra il 1840 e il 1860, oltre quattrocentomila pionieri, sono morti nella ricerca di
un futuro ed una vita migliore.

The Oregon Trail racconta di piccoli grandi eroi senza nome, spesso vestiti di stracci, con molti sogni ma con poche risorse caricate sulle loro carovane, hanno percorso davvero la rotta dell’Oregon, spinti dal mito del Manifest Destiny, il concetto eroico per eccellenza, perlomeno nella cultura nordamericana, ovvero l’idea che gli Stati Uniti fossero destinati ad espandersi da costa a costa per creare un unico grande paese destinato poi a guidare il mondo con i suoi ideali di libertà ed eguaglianza. Sebbene, concorderanno in molti, a spese delle popolazioni locali, ovvero gli autoctoni Indiani d’America, la cui cultura è stata purtroppo calpestata ed annullata per fare spazio al sogno a stelle e strisce. Il mito della Pista dell’Oregon ha ispirato anche molti artisti, come dimostra il quadro di Bierstandt che abbiamo usato come cover di WordPress.
La consacrazione di The Oregon Trail, i motivi per cui il gioco è diventato un mito
Il viaggio della speranza della durata di mesi, percorso ad andatura di cavallo, durissimo e pericoloso, spesso è anche letale. Non mancano nei diari dei pionieri dell’epoca riferimenti agli stessi ostacoli che il gioco riproduce fedelmente. Fame, malattie, guadi pericolosi di pericolosi fiumi in piena, clima imprevedibile, furti notturni, e soprattutto animali selvaggi ostile e ben poco collaborativi, pronti ad assaltare le carovane, viste come prede facili. Insomma, The Oregon Trail è
riuscito in un’impresa non banale: trasformare la storia americana in un’avventura interattiva che, pur semplificata, riflette molti elementi reali. Eppure, la popolarità del gioco va oltre la sua accuratezza storica, che, essendo comunque stata curata dai tre studenti senior con la consulenza di reali professori, studiosi ed esperti della materia, è davvero molto aderente alla realtà che vuole raccontare nell’opera interattiva. Il titolo è diventato nel tempo un vero fenomeno culturale a tutto tondo, al punto che, ai nostri giorni, è stato appunto citato nei romanzi, nelle sitcom, come nei meme di Internet, medium che gli ha dato ulteriore visibilità, magliette, e, chiudendo il cerchio, in alcuni studi accademici visti nelle università. Un progetto universitario che torna, dopo un giro infinito nella sua sede naturale!
Il gioco ha saputo rendere divertente un argomento che di solito fa sbadigliare anche gli studenti più motivati, ed è capace di insegnare la storia, pur drammatica, lasciando un sorriso sulle labbra. Senza contare il fatto che The Oregon Trail ha introdotto anche diversi concetti rivoluzionari per l’epoca. Si parla di uno gioco gestionale molto accurato, con amministrazione delle risorse, scelte morali e strategiche, eventi a sorpresa, caccia interattiva, narrativa emergente e persino il concetto di narrazione procedurale, considerando che ogni partita è diversa dalla precedente. Un vero prodigio di programmazione, anche notevole dal punto di vista del semplice sviluppo, ed importante nell’intera branca informatica.
Minnesota Educational Computing Consortium (MECC) proudly presents The Oregon Trail!
Praticamente The Oregon Trail è un antenato dei giochi survival moderni. Se oggi milioni di giocatori amano titoli attuali dove si lotta contro fame, freddo ed animali selvatici, forse i meriti sono proprio del buon vecchio (ed insospettabile) The Oregon Trail. L’opera testuale interattiva è anche riuscita non solo a superare la prova del tempo, ma anche ad evolversi man mano che le piattaforme via via più moderne hanno invaso il mercato. Dall’aula scolastica degli anni settanta ai
moderni smartphone, verrebbe da dire, con una leggenda che continua nel tempo, senza mai restare relegata al passato. L’edizione originale, datata 1971 è scritta in linguaggio di programmazione per Mainframe Universitari, in particolare HP Time-Shared BASIC, versione custom utilizzata anche ai mini computer targati Hewlett-Packard degli anni settanta.

Dopo tre anni il gioco viene infine pubblicato per le scuole e le università dall’editore Minnesota Educational Computing Consortium (MECC) , che a partire dal 1974 lo ha diffuso sulla propria rete intranet del Minnesota. Una curiosità, il codice sorgente scritto da Don Rawitsch sarà pubblicato e reso disponibile gratuitamente nel 1978 in un numero della rivista Creative Computing Magazine. Il gioco avrebbe potuto quindi fermarsi lì, essere usato per poco tempo negli istituti universitari e poi sparire per sempre nell’;oblio dell’obsolescenza informatica, ma come ogni mito, era destinato a vivere per sempre.
Le conversioni di The Oregon Trail, un mito immortale e senza tempo, come il Vecchio West di cui narra le gesta e le imprese eroiche
Da quei lontani e pionieristici anni settanta che, ironia della sorte, raccontano le gesta di altri pionieri dell’avventura di frontiera, si sono viste decine di riedizioni dii The Oregon Trail, con un successo crescente nel tempo. Il gioco, nato su Mainframe nel 1971, ha visto nascere le versioni commerciali solamente nove a partire dal 1980. Evolvendosi nel tempo su computer sempre più moderni, ed anche supporti diversi nei decenni. Parliamo di dischetti da 5,25 pollici per Personal Computer Apple ][, ed anche la celebre edizione su floppy da 3,5 pollici per IBM PC basati su MS- DOS, seguite dalle conversioni per la famiglia ATARI ad 8 bit, come A400/800, che ma anche per lo Standard MSX, ed il ben più popolare Commodore 64. Negli anni novanta le versioni per Windows e Macintosh a 16 bit, che arrivano anche sul prestigioso formato CD-ROM con nuove animazioni, voci e sezioni sparatutto, hanno consacrato il titolo. Di decennio in decennio il gioco è
arrivato fino ad oggi sbarcando persino sulle console Nintendo Wii, DS e 3DS oltre che su smartphone Android e iOS, oltre ovviamente a tante conversioni indipendenti e browser game da giocare online. Non manca una edizione Steam realizzata da Gameloft, che trovate in questa pagina.
Le versioni successive del gioco hanno man mano aggiunto anche precisazioni storiche e migliorie di ogni sorta, non solo tecniche e grafiche, tra queste spicca persino un “riscatto” per gli Indiani d’America. Nel 2021, infatti, è arrivata una versione che rappresenta in modo più accurato anche le comunità native americane, cercando di superare gli stereotipi del passato. Ma alla fine, ciò che nessuna versione ha osato cambiare è l’essenza più pura e filosofica dell’opera interattiva, ovvero l’equilibrio perfetto tra avventura, sfortuna, storia ed un pizzico di umorismo più o meno involontario. In fondo, la grandezza di The Oregon Trail è tutta qui. Un videogioco che ci insegna la storia degli Stati Uniti, ci costringe a fare scelte difficili, ci fa sudare per attraversare un pericoloso fiume in piena, e poi, inevitabilmente, ci ricorda che anche nel Selvaggio West digitale la morte (anche per una semplice dissenteria) è sempre in agguato. Non male per un titolo nato quasi per caso in ambiente scolastico più di cinquant’anni fa, che dal Minnesota ha conquistato il mondo intero, diventando leggenda. Oggi il gioco sopravvive anche sulla Grande Rete, e potete trovarlo a questo LINK.
Autore
Fabio D’Anna
